“La rocca”

Le storie di diversi personaggi si intrecciano  intorno ad un immaginario carcere della provincia italiana, mettendo in evidenza i molti punti di vista diversi su questa istituzione.  

Di seguito un passaggio del libro dove si narra dei pensieri di Fabrizia. Orfana cresciuta dai nonni,  accogliendo la proposta del cappellano Padre Angelo, va a suonare in carcere durante la Messa. Di lei si invaghisce Enzino, calciatore mancato cresciuto a Ostia, che alla Rocca sconta la sua pena. Qui si ritrovano insieme durante una non meglio precisata “rivolta”.

«“Io per me mi sono fatta un’idea: se le cose non si possono cambiare direttamente, come sognavano mamma e papà, e ancora prima i nonni, tramite la militanza, bisogna farlo con la prossimità, la cura e la costruzione di relazioni umane autentiche, remando in direzione ostinata e contraria (mi chiamo Fabrizia mica par caso) rispetto a una società piena di spinte centrifughe e individualiste. Che, a proposito, tanto dai diamanti non nasce niente, per i fiori ci vogliono vite di merda come le nostre”. Ora tutto questo flusso di ricordi e di autocoscienza Fabrizia non lo ebbe in cella, nascosta con Vincenzo, mentre aspettavano che le guardie riprendessero il controllo della Rocca e li liberassero da quell’incubo, e forse così lucido non lo avrà mai. Però le sarebbe piaciuto, le sarebbe piaciuto condividerlo con quell’uomo che sentiva incomprensibilmente vicino, affine contro ogni evidenza. Certo Enzino non avrebbe capito tutto, come gli capitava col Professore che gli spiegava Pasolini, però pure a lui sarebbe piaciuto farsi spiegare. Che poi, forse, l’essenziale l’aveva capito già. Per quello che mancava avrebbe fatto un baratto, come con il professore: “Lo sai com’è la regola der foriggioco, Fabbri’? No? Allora famo così: te me spieghi ‘sta Ginestra, e io te faccio capì come funziona, te va bene?”Sarebbero potuti andare avanti parecchio».


Patrizia Chelini è nata e vive a Roma, città che ama. Ha finora pubblicato i romanzi: Devo andare (2005, ed. Traccediverse); Continua a parlare (2006, ed. Baldini Castoldi Dalai); Sequestro a Largo Argentina (2020, ed. Porto Seguro). Un suo racconto è inserito nella raccolta A Roma… Prati (2022, ed. Romapersempre).

Aldo Ciani è nato nel 1967 a Roma, dove vive con la moglie e il figlio.Tra gli anni novanta del Novecento e i primi del Duemila ha fatto molto volontariato, occupandosi in particolare di giovani tossicomani e malati di AIDS. Spesso, oltre che in ospedale e, nei brevi periodi di remissione, a casa, o nei casi più difficili per strada, alle stazioni e alle mense per i poveri, visitava i suoi amici in carcere, luogo dove, per oltre dieci anni, è entrato (e uscito) almeno una volta a settimana.

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