“Ho visto un sogno”

Ivan Colnaghi enuncia alcuni nuclei critici della Ragion europea, in relazione alle migrazioni.

Tra questi le concezioni eurocentriche e razziste relative al tempo, al linguaggio, alla diversità, al sapere,  che si abbattono sui corpi di chi arriva da altri Paesi. In particolare si sofferma sul pensiero neoliberista: «non esistono confini geografici per soldi, merci e armi, ma ne esistono fin troppi per le persone, che in questi confini rimangono imprigionate. Il neoliberismo sussume tutte le altre Culture e produce una tutto-cultura in grado di fagocitare qualsiasi soggetto, di qualsiasi provenienza».

L’elaborazione di questi nuclei critici passa attraverso una raccolta di sogni, letti in chiave junghiana.

«Per comprendere la raccolta dei sogni che si leggeranno, è necessario presentarvi il contesto all’interno del quale sono stati raccolti: dall’aprile 2020, in piena crisi da Covid-19, ho co-fondato e partecipato alle attività dell’Asilo sociale “Epochè”, uno spazio fisico e mentale di mutuo-aiuto in termini di incontro, ascolto, condivisione e orientamento ai Servizi sul territorio, tutto esclusivamente su base volontaria. L’asilo è ospitato dall’Associazione il Giardino degli Aromi Onlus, in via Ippocrate 45 a Milano. Possiamo immaginare questo contesto come un vero e proprio asilo sociale in cui accogliere un’esistenza che è resistenza, che inciampa, che soffre; e, allo stesso tempo, di offrire la possibilità di un nuovo progetto di mondo, nonostante tutto e con la propria autentica singolarità. Uno spazio di incontro, dunque, di ascolto, di sospensione del giudizio (da cui il nome greco “epochè”), per comprendere quale sia la strada più opportuna da intraprendere, da sperimentare, se necessario non da soli, non da sole».

Di seguito lo stralcio di una conversazione durante la raccolta dei sogni.

«Solo ogni tanto, in quei giorni faticosi, lanciava una bottiglietta d’acqua e un pezzo di pane. Anche quando i cugini arrivarono, ci fece aspettare diversi giorni ancora chiusi in quella bettola. Dopo questa chiara strategia di sfinimento, questi ci fece salire su una barca destinata ad affondare una volta superate le acque libiche e raggiunte le acque internazionali. Ci salvò una nave spagnola, ma io avevo già sognato quei momenti e sentivo che Dio, ancora una volta, mi aveva salvato. Alcune ore prima, esausto, avevo sognato che il sole sarebbe sorto un giorno e tutto sarebbe finito con il raggiungimento di un porto sicuro. Salendo sulla nave spagnola, scrutavo gli aerei in cielo, sognavo di volare alto con loro. Mi sentivo in colpa perché avevo deciso di viaggiare, mentre altri morivano: forse la morte in Siria era meglio per me… Quel sentimento qui è chiamato “colpa del sopravvissuto”: si iniziò a osservare con una certa frequenza negli anni Quaranta e Cinquanta nelle persone sopravvissute ai lager nazisti. Ma andiamo avanti, se vuoi… Sì, quando sono arrivato a Salerno, in Italia, mi sono sentito come se il mio sogno si fosse avverato: avevo sognato nei giorni precedenti, infatti, una terra verde e rigogliosa. Ho iniziato a piangere dal cuore spezzato: sapevo che non sarebbe stato il Paradiso, sapevo che non mi avrebbero accolto degli angeli, ma ero certo in cuor mio che non avrei incontrato altri diavoli. In effetti era una giornata luminosa… e quindi uscimmo a riveder le stelle».


Ivan Colnaghi è un operatore sociale, educatore e psicologo a Milano. Per queste edizioni è tra gli autori di: Caduti di mente, Intanto vado, 2018

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Siamo una cooperativa di produzione e lavoro dal 1990. Proponiamo un modo di cercare, di porre domande sui vissuti, sui dispositivi totalizzanti,  sulle risposte di adattamento e sulle risorse creative delle persone che li attraversano.

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